10.9.07

SANSONE... L'INCENDIARIO

Sansone lega le code delle volpi a due e pone fra loro una torcia accesa. Possiamo immaginare ciò che le le bestie provano in quel momento. La loro corsa folle nel tentativo di allontanarsi l'una dall'altra, da quello che ritengono essere l'origine del fuoco. Di colpo si trasformano in una creatura a due teste, in fiamme incapace di fuggire da se stessa. Ogni animale cerca la salvezza in una direzione diversa, trascinandosi però dietro il suo alter ego, il suo opposto, la sua tragedia.
E' questo che probabilmente esplode nell'animo di Sansone, il "marchio dell'artista" segreto che lui scaglia nel mondo con tutte le sue forze: la doppiezza intrinseca, il fuoco che gli brucia dentro, gli istinti che lo lacerano, le forze contrapposte che spesso lo sconvolgono: il nazireato da un lato; il muscoli possenti e l'animo sensibile e spirituale; la brutalità assassina e incontrollata e l'indole poetica; la consapevolezza di essere forse uno strumento nelle mani di Dio e gli sprazzi di ferma volontà; il bisogno di avere un'espressione propria e la determinazione a serbare il proprio segreto per sé; il desiderio disperato e palese di avere un'anima vicina, con la quale confidarsi...
Non c'è dunque da meravigliarsi che abbia bisogno di trecento volpi, non una di meno, per esprimere tutto ciò.
Le volpi, simili a torce vice, corrono per i campi seminando distruzione e rovina. Inceneriscono l'intero raccolto (come si ricorda è il tempo della "mietitura e del frumento") e agonizzano in quella folle corsa come in un oscuro presagio: "Muoia l'anima mia con i filistei".

D. Grossman, Il miele e il leone. Il mito di Sansone
Rizzoli, Milano 2005, pp. 87,88
Foto by Ftcb