
E' questo che probabilmente esplode nell'animo di Sansone, il "marchio dell'artista" segreto che lui scaglia nel mondo con tutte le sue forze: la doppiezza intrinseca, il fuoco che gli brucia dentro, gli istinti che lo lacerano, le forze contrapposte che spesso lo sconvolgono: il nazireato da un lato; il muscoli possenti e l'animo sensibile e spirituale; la brutalità assassina e incontrollata e l'indole poetica; la consapevolezza di essere forse uno strumento nelle mani di Dio e gli sprazzi di ferma volontà; il bisogno di avere un'espressione propria e la determinazione a serbare il proprio segreto per sé; il desiderio disperato e palese di avere un'anima vicina, con la quale confidarsi...
Non c'è dunque da meravigliarsi che abbia bisogno di trecento volpi, non una di meno, per esprimere tutto ciò.
Le volpi, simili a torce vice, corrono per i campi seminando distruzione e rovina. Inceneriscono l'intero raccolto (come si ricorda è il tempo della "mietitura e del frumento") e agonizzano in quella folle corsa come in un oscuro presagio: "Muoia l'anima mia con i filistei".
D. Grossman, Il miele e il leone. Il mito di Sansone
Rizzoli, Milano 2005, pp. 87,88
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