30.12.08

COME UN TARLO CHE RODE

Ho iniziato a raccontare quello che avevo visto e vissuto a Birkenau molto tempo dopo, non perché non ne volessi parlare ma per il fatto che le persone non volevano ascoltare, non volevano crederci...
Oggi quando sto bene sento il bisogno di testimoniare, ma è difficile...
Mi dà conforto sapere che non parlo nel vuoto, perché testimoniare rappresenta un enorme sacrificio. Riporta in vita una sofferenza lancinante che non mi lascia mai. Tutto va bene e, d'un tratto, mi sento disperato. Appena provo un po' di gioia qualcosa mi si blocca dentro; la chiamo "la malattia dei sopravvissuti". Non si tratta di tifo, tubercolosi o di altre malattie. La nostra è una malattia che ci rode dal di dentro e che distrugge ogni sentimento di felicità. Ce l'ho dal tempo della sofferenza nel campo e non mi lascia mai un momento di felicità o di spensieratezza, è uno stato d'animo che logora le mie forze continuamente...
Non ho mai più avuto una vita normale. Non ho mai potuto dire che tutto andasse bene e andare, come gli altri, a ballare e a divertirmi in allegria...
Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso posto. E' come se il "lavoro" che ho dovuto fare laggiù non sia mai uscito dalla mia testa... Non si esce mai per davvero dal Crematorio.

Shlomo Venezia, Sonderkommando Auschwitz
Mondolibri,
Milano 2008, pp. 176-178
Foto by holly