
"Guagliù che ve site perso", ragazzi che vi siete perso! Questa frase fu scritta all'indomani della festa per il primo scudetto vinto dalla squadra del Napoli. Che vi siete perso! Fu scritta sul muro del cimitero. E' il più affettuoso dei pensieri a chi non c'è più, un brindisi rivolto all'indietro. Porta in sé, in piccolo, un pensiero antico: che meriti ha una generazione per assistere a eventi aspettati invano dalle altre? Che meriti avranno i contemporanei della fine del mondo, che vedranno con i loro sensi ciò che ogni generazione di cristiani ha chiesto nella preghiera del Pater: "Fa' che venga il tuo regno"? Persone che hanno figli da crescere, nipoti da sperare, in raccoglimento dicono che niente di tutto questo avvenga e che il regno stabilisca il tutt'altro nelle loro vite spezzandole subito. E' una frase che dà le vertigini a uno come me, privo di fede, stupito sempre della forza segreta di chi ne ha. Vorrei in cuor mio che fossero esauditi, che venisse il loro regno, l'unica monarchia certamente migliore di questa repubblica.
"Buona la fine di una cosa più del suo principio" scrive Ecclesiaste. Sono con lui. Se nessuno può essere testimone dell'inizio, ognuno può esserlo del termine. Toccasse a noi di essere contemporanei dell'avvento finale, ci rivolgeremmo indietro a tutti i secoli, i millenni, a tutti gli antenati, che certamente rincontreremo e diremo loro abbracciandoli: "Guagliù, che ve site perso".
Erri De Luca, AlzaiaFeltrinelli, Milano 2007, p. 95
Foto by TommyOshima