17.6.07

IL SENSO DELLA SOFFERENZA

Interrogarsi sul "perché?", sulla finalità di una sofferenza, sembra in effetti l'unico modo di darle un senso. A che scopo? Verso quali strade, verso quale esperienza di vita, verso quale coscienza mi portano la malattia e la sofferenza? Posso farne un'occasione di luce e di amore? Louis mi aveva confidato un giorno che la malattia gli aveva fatto scoprire l'essenziale. Che lo aveva modellato fio a renderlo capace di gioia e di umiltà, fino a fargli abbandonare tutto il superfluo fatto di vanità, avidità, pretese, così ridicolo quando si misura la precarietà della vita, la transitorietà di ogni cosa. La sua vita è diventata una lenta rinuncia, per lui totale e dolce...
Come incontrare Louis adesso, se non attraverso uno scambio affettivo? Che senso può avere la sua vita ora che non può più leggere né esprimere un pensiero coerente? Alcuni diranno che una vita che non consente più di essere fedeli a se stessi non vale più la pena di essere vissuta: si grida alla perdita di dignità. Dimenticando così tutte le risorse insospettate che dormono nei sotterranei dell'essere, tutte le ricchezze che non abbiamo sfruttato, perché ne abbiamo privilegiate altre. Tutta quella vita interiore, intima, affettiva, spirituale. C'è sicuramente ancora molto da imparare, alla fine di una vita, da quegli archivi dell'essere umano così trascurati nel nostro mondo. Forse si ha molto da insegnare agli altri su questo piano quando si sta per morire. So bene quanto ricevo e tutto quello che imparo da coloro che non possono più fare niente, tranne esserci. Da quelli che non hanno più niente da regalare se non un sorriso, o il loro sguardo spalancato, oppure il loro modo così delicato di lasciarsi curare. Mi hanno insegnato a essere più semplice e più umana.

Marie De Hennezel, La morte amica
Bur, Milano 2005, pp. 196,223,224
Foto by Vessenes