
La Bibbia lo registra con Giacobbe, con Geremia, con i Salmi. E proprio nella Scrittura esso trova una parola di commento nell'immagine (una metafora sempre) di Dio che nasconde il suo volto. A volte lo nasconde per non vedere il male, altre volte per non vedere l'innocente che soffre ingiustamente (cfr. Salmo 44; Isaia 45, 15). Questo dà luogo alla protesta ebraica contro Dio, ma dà luogo anche alla rinnovata affermazione di fede: Dio è presente proprio nel suo voltare gli occhi, proprio nella sua assenza. Il silenzio di Dio non è un vuoto, ma è una modalità particolare della sua presenza. La ragione ultima di tale silenzio, che sembra assenza, ma non lo è, va individuata nell'intenzione divina di lasciare libero l'uomo. Infatti, come soggetto morale, l'uomo deve essere libero di fare il bene come il male. Se Dio intervenisse a bloccare il male dell'uomo, certo il male non accadrebbe, ma l'autonomia morale dell'uomo - cioè la sua libertà - risulterebbe annientata.
Massimo Giuliani, Auschwitz nel pensiero ebraico
Morcelliana, Brescia 1998, p. 87
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