7.4.08

IL PENTIMENTO

La mattina presi la Bibbia e, cominciando dal Nuovo Testamento, mi misi a leggerla seriamente, proponendomi di leggerne un brano ogni mattina e ogni sera, senza impegnarmi nel numero di capitoli, ma per tutto il tempo che il pensiero sarebbe stato preso nella lettura.
Non passò molto da che m'ero accinto con serietà a questa occupazione, quando scopersi che il mio cuore era profondamente e sinceramente afflitto dalla malvagità della mia vita passata. L'impressione suscitata in me dal sogno riviveva e le parole: "Dunque queste cose non ti hanno indotto a pentirti" si ripetevano dolorosamente nel mio pensiero. Chiedevo ora fervidamente a Dio che mi ispirasse il pentimento, quando venne il giorno che leggendo la Scrittura m'imbattei proprio in queste parole: "Egli è esaltato Principe e Salvatore, perché ispira il pentimento, e concede l'assoluzione". Lasciai cadere il libro e, con le mani e il cuore protesi verso il cielo, in un impeto di estatica gioia, gridai: "Gesù, figlio di David, Gesù, tu esaltato Principe e Salvatore, ispirami il pentimento!".
In tutta la mia vita, fu questa la prima volta che pregai, nel vero senso della parola: poiché pregavo, ora, con la coscienza della mia condizione, e con il senso evangelico della speranza fondata sull'incoraggiamento della Parola di Dio; e da quel momento, posso dirlo, cominciai a sperare che Dio mi udisse davvero.
Ora cominciai a dare alle parole ricordate più sopra: "Invocami e io ti libererò" un significato diverso da quello che mai avessi dato loro; perché prima d'allora non avevo nozione alcuna di ciò che si chiama liberazione, se non nel senso di essere liberato dalla prigionia in cui mi trovavo, poiché sebbene il luogo fosse tutt'altro che ristretto, certo l'isola era per me una prigione; e questo nel senso peggiore che si possa usare al mondo; ma ora imparavo a intenderla in altro senso. Ora mi rifacevo al mio passato con tanto orrore, e tanto orribili mi apparivano i miei peccati, che l'anima null'altro chiedeva a Dio che la liberazione dal peso della colpa che toglieva valore a ogni mio bene. Quando alla mia vita solitaria, era cosa da nulla; nemmeno pregavo di esserne liberato, né vi pensavo; era cosa di nessuna importanza a paragone dell'altra. Ho voluto aggiungere questa parte per additare, a chiunque la leggerà, che quando si giunge al vero senso delle cose, si scopre che la libertà dall'errore è un dono assai più desiderabile che la libertà dai mali.

Daniel Defoe, Robinson Crusoe
Bompiani, Milano 1994, pp. 141,142
Foto by cotigchez