9.5.21

AGLI ALBORI DEL VEGETARIANESIMO


Sia in Plutarco che in Porfirio si intrecciano scrupoli etici e preoccupazioni salutistiche: entrambi gli autori affermano innanzitutto che uccidere gli animali per la loro carne è un imperdonabile atto di crudeltà, e che in ogni caso sarebbe necessario risparmiare inutili sofferenze a tutti gli esseri viventi. In secondo luogo concordano nel ritenere una dieta a base di carne dannosa alla salute, in quanto appesantisce il corpo e offusca le facoltà dell'anima...

In altre parole nella Grecia antica la decisione di diventare vegetariani non si riduceva mai alla semplice e superficiale scelta di un menù, ma aveva profonde implicazioni morali che andavano ben al di là di quelle che potevano essere le abitudini alimentari dei singoli individui. La serietà e la consapevolezza di un simile atteggiamento dovrebbe contrassegnare l'esistenza di tutti coloro che, anche oggi, scelgono una dieta vegetariana, come fece il grande scrittore Isaac B. Singer, che a questo proposito scrisse: "Essere vegetariani significa dissentire, dissentire contro il corso degli eventi attuali. Energia nucleare, carestie, crudeltà, dobbiamo prendere posizione contro queste cose. Il vegetarianismo è la mia presa di posizione. E penso che sia una presa di posizione consistente". 

Plutarco... "Attraverso un corpo appesantito, reso torbido e sazio da un'alimentazione impropria, la luce e lo splendore dell'anima risulteranno inevitabilmente più opachi e confusi, perdendo stabilità e costanza, perché l'anima non ha più la brillantezza e l'intensità necessaria per raggiungere le più sottili e recondite attività vitali".

Porfirio... "Mi meraviglio di chi ha il coraggio di sostenere che l'astinenza dagli animali è la madre dell'ingiustizia, quando la storia e l'esperienza dimostrano che con l'uccisione degli animali furono introdotti il lusso, la guerra e l'ingiustizia".

Plutarco, Porfirio, Essere vegetariani nell'antica Grecia,
Il Melangolo, Genova 2018, pp. 10, 11, 27, 52