5.10.06

PAGINE CONSUMATE


Mi avevi portato una Bibbia in regalo.
Non sono stato credente, me ne mancò sempre l’emozione iniziale, però ho letto spesso quel libro. Avevo l’edizione lasciatami da mia madre, da lei sfogliata fino a logorarla, nella sezione del Nuovo Testamento, che di quel volume era la parte conservatasi meglio. Le mie dita hanno accompagnato le righe così tante volte da cancellarle, lasciando pochi caratteri sbiaditi.
Molte volte ho pensato con nostalgia che le generazioni si sono trasmesse questo medesimo libro leggendo in esso sempre qualcosa in meno, proprio come se un unico dito, scorrendo una sola copia, lentamente ne cancellasse le righe. Essere molto sfiorato: la somma di molte carezze è un’abrasione. Ma prima che essa si compia sorge una generazione di fedeltà che prova a ricalcare quelle preziose lettere consunte. In molti punti dovrà ricostruirle con immaginazione. La più intensa lealtà, osando il restauro dell’irreparabile, coincide con la contraffazione.
Stanotte questo pensiero non mi intristisce, non temo più la rovina dell’originale: ora vi riconosco l’opera di una provvidenza che attraverso la nostra cecità riscrive il suo libro. Così la perdita ha un vincolo di scambio con l’acquisto, le parole scomparse raffiorano altrove.
Accade questo anche nella nostra vita, un dito che fruscia su di un foglio, lo logora piano e nel dormiveglia pensiamo che sia il nostro respiro. Noi siamo quella scrittura che sbiadisce, ma la vita, la forma della quale ognuno con orgoglio ha detto: “È mia”, è invece il foglio che resta oltre di noi, tornando bianco. E non è di nessuno.

Erri De Luca, Aceto, arcobaleno
Feltrinelli, Milano 1992, p. 117
Foto by Humancarbin