5.6.08

L' INNOCENZA RICONQUISTATA

Penso poco alla morte perché non c'è granché da aggiungere a quel tema. Con lei credo d'aver già fatto i miei conti, non mi fa paura. Certo l'idea del suo inevitabile arrivo non mi rallegra, pensiamo tutti d'avere ancora molte cose da fare ed essere interrotti non fa piacere. Ma io non credo che questo sia il mio caso, non ho progetti per il futuro. Invece ho ancora cose da fare, sentimenti e affetti da esprimere nel presente, conoscenza di me e del mondo da arricchire. Insomma condurre una buona vita finché durerà. Sono circondato da molto amore e lo ricambio con molta intensità, ricambiare l'amore non costa fatica, anzi l'amore vero dà riposo e beatitudine.
La vecchiaia, almeno per quanto ne so io, è l'età in cui la quiete rappresenta un traguardo desiderato; anche un lusso. Chi può concedersi la quiete gode di un privilegio che dipende un po' dalla fortuna e un po' dalla vita che ha condotto prima di arrivare a questa stagione.
Se è stata una vita piena, se hai potuto realizzare te stesso al meglio delle tue capacità, se hai conosciuto amore e dolore, se hai accettato i tuoi limiti ma hai utilizzato tutte le valenze vitali delle quali disponevi, se non hai prevaricato, se infine non sei stato avaro di te stesso; questo vuol dire che hai fatto i conti con la morte...
Ma infine mi arrendo: poiché è mia ragionata convinzione che la verità assoluta non esista e quella relativa dipenda dal punto di vista con cui guardi te stesso e il mondo, la possibilità che dal tuo sguardo emergano visioni autocritiche scomode è assai limitata. Poiché l'io è al tempo stesso attore e giudice delle proprie azioni e il metro con cui le misura è da lui stesso costruito, la probabilità che il giudice-attore sia rigorosamente imparziale è molto modesta. Del resto noi siamo forme che la natura casualmente produce.
Una bella canzone che si cantava a Parigi nelle "caves" frequentate da giovani e da poeti, diceva: "Je suis comme je suis, je suis faite comme ça". Non significa assolver tutto. Ma da cosa poi?
Chi non cerca ricompense ultraterrene aspira soltanto all'innocenza dell'albero della vita. E i frutti di quell'albero, vedi che cosa strana, puoi gustarli soltanto quando sei più prossimo alla morte.
Sono dolcissimi quei frutti, perciò io sostengo che la vecchiaia è una bella stagione e vale la pena viverla in una quiete senza ignavia. Una stagione in cui senti assai meno il problema della sopravvivenza individuale e dell'amore di sé, e molto di più quello dell'amore degli altri.
La sola innocenza possibile è quella che ti fa scordare la terribilità della morte perché è anch'essa un atto della tua vita.

Eugenio Scalfari, L'uomo che non credeva in Dio
Einaudi, Torino 2008, pp. 149, 150
Foto by elbyincali